Putin batte gli USA in Afghanistan sfruttando un’idea di Stalin

Nella foto militari statunitensi sorvegliano la produzione di Papavero da oppio utilizzato dalla CIA per la produzione di Eroina
i cui proventi servono a finanziare le operazioni coperte dell’Agenzia, sfuggendo agli organismi di controllo USA.

 

Mosca – Negli ultimi giorni alcuni osservatori militari ipotizzano che mentre gli Stati Uniti si ritirano dall’Afghanistan e i talebani si riprendono il paese, dietro alle quindi stia agendo il presidente Vladimir Putin. Se ciò sarà confermato, il quadro della strategia attuata dal Cremlino sarebbe simile al Patto di non aggressione Molotov-Ribbentrop, grazie al quale l’allora debole Unione Sovietica riuscì a rinviare di qualche anno l’invasione nazista. Nel 1939, epoca dell’accordo definito da alcuni Patto Scellerato, la vecchia URSS era povera e arretrata sia economicamente che militarmente. La popolazione sovietica era soggetta a razionamenti di beni primari e alcune parti dell’immenso territorio erano soggette a carestie. Pertanto sottoscrivendo l’accordo di non aggressione, Iosif Stalin allora capo del governo e segretario generale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica, riuscì a dare all’URSS una boccata d’ossigeno.

Afghanistan in epoca socialista: l’ex Consigliere per la sicurezza USA Zbigniew Brzezinski con l’allora giovane Osama bin Laden in chiave antisovietica

Il piano degli Stati Uniti in Afghanistan

 

Il piano degli USA in Afghanistan inizialmente era quello di scardinare il sistema socialista filosovietico instauratosi nel paese. All’epoca, per ottenere il loro scopo, gli Stati Uniti non esitarono ad armare e utilizzare terroristi islamici scagliandoli contro l’Esercito Regolare affiancato dall’Armata Sovietica. Successivamente al rovesciamento del governo legittimo di Kabul e dopo il crollo dell’Unione Sovietica, il nuovo obbiettivo americano era costituito dagli stati dell’Asia centrale. Turkmenistan, Tagikistan e Uzbekistan, sono tre stati ex sovietici a maggioranza islamica oggi indipendenti, che secondo i piani americani e con l’aiuto dei talebani dovevano passare sotto il controllo statunitense. Essendo questi tre stati zone cuscinetto, una volta eliminato il primo ostacolo Washington avrebbe potuto mirare direttamente alla Russia.

A sinistra ragazze afgane in epoca sovietica, a destra la condizione femminile nell’Afghanistan democratico-occidentale

La Russia è la nazione più estesa al mondo ed è talmente ricca di risorse che nemmeno a Mosca sanno esattamente quante ve ne siano ancora da scoprire. Quindi sono ben chiari gli interessi che si muovono nello scacchiere geopolitico dell’area. Se in Afghanistan gli Stati Uniti per raggiungere i loro scopi avevano creato un enorme focolaio di terroristi radicali a ridosso della Russia, lo avevano fatto seguendo letteralmente lo stesso copione da essi utilizzato per destabilizzare la Siria.

Nella mappa scritta in cirillico l’Afghanistan è cerchiato in giallo, le frecce rosse indicano nell’ordine da sinistra a destra Turkmenistan, Uzbekistan e Tagikistan, paesi che secondo i piani di Washington i talebani avrebbero dovuto invadere per aprire la strada verso la Russia.

Secondo gli osservatori, la contromossa utilizzata dal russo Putin è stata quella di seguire il piano utilizzato dal georgiano Stalin 82 anni prima. Sembra che Vladimir Putin, nonostante consideri Stalin “un criminale”, per pragmatismo abbia preso a prestito l’intuizione grazie alla quale, come abbiamo visto, il georgiano riuscì a salvare l’URSS dalla potentissima Germania Nazista. Così come Hitler inizialmente era stato aiutato da alcune elite capitalistiche occidentali che gli avevano elargito armi, risorse e prestiti, mostrandogli con il dito l’Unione Sovietica, oggi la Casa Bianca lasciando l’Afghanistan ha regalato le sue basi militari, l’equipaggiamento e le armi ai talebani indicando loro la Russia. Secondo gli osservatori, l’idea degli Stati Uniti sarebbe quella che i talebani ora vadano a occupare Turkmenistan, Tagikistan, Uzbekistan e successivamente sferrino un attacco nel cuore della Russia

Il ruolo della Turchia in Afghanistan

 

Con la loro ritirata dall’Afghanistan gli Stati hanno lasciato la patata bollente in mano ai turchi e questo potrebbe essere un altro problema per la Russia. Infatti, nella sua ansia di espansionismo il presidente Recep Erdoğan potrebbe usare l’Afghanistan per aumentare la sua influenza sull’Asia centrale. Giova ricordare che l’area occupata dalle repubbliche di Turkmenistan, Tagikistan, Uzbekistan è nota anche come Turkestan, nome usato dai bizantini per designare tale territorio abitato da turcofoni ai quali e non a caso, da decenni Ankara dona la cittadinanza turca.

Per Erdoğan sarebbe un ben ghiotto boccone controllare anche quei territori ex-sovietici, ma dovrà fare i conti con i talebani, che sono poco entusiasti di divenire sudditi di un Nuovo Impero Ottomano. L’unico obiettivo storico degli afgani è quello di liberare completamente il loro Paese da ogni presenza militare straniera, compresa quella di altri musulmani. In sintesi, se gli Stati Uniti sperano di creare problemi alla Russia usando la Turchia, non considerano che gli afghani, tanto più se talebani, non vogliono i turchi nel loro paese e non asseconderanno i desideri degli americani. A questo punto è chiaro che se i talebani lasceranno in pace la Russia avranno in cambio ciò che vogliono maggiormente, cioè la fine della presenza di truppe straniere nel loro territorio: né americani, né turchi, né russi.

Patto sovietico Molotov-Ribbentrop e Patto russo Kabulov-Delaware

 

Come abbiamo già accennato, quando Hitler fu spinto dai capitalisti occidentali ad attaccare l’URSS, Stalin riuscì miracolosamente a sventare nell’immediato quella minaccia mortale concludendo un patto di non aggressione con la Germania. Dal punto di vista dei comuni cittadini amanti della democrazia quel patto venne definito scellerato, solo perché non conoscevano i retroscena. Se, come accade per le tante situazioni che sfuggono al controllo dei comuni mortali, molti progressisti all’epoca rimasero sconvolti, era perché ignoravano l’entità della minaccia scatenata contro l’Unione Sovietica. Rileggendo la storia con occhio pragmatico, Iosif Stalin riuscì a prender tempo e a prepararsi all’invasione nazista che immancabilmente si verificò.

Intanto, sentendosi al sicuro sul fronte orientale, Hitler ne approfittò per scagliarsi contro la Francia e altri paesi dell’Europa occidentale. Quando infine la Germania e i suoi alleati nazifascisti attaccarono l’Unione Sovietica, la Guardia Rossa e i partigiani sovietici erano pronti. A costo d’immensi sacrifici, basandosi su una strategia di resistenza, sotto la guida di Stalin alla fine sconfissero la minaccia nazista, lasciando sul campo 8 milioni di soldati e 17 milioni di civili (molti d’essi partigiani), per un totale di 25 milioni di morti su una popolazione sovietica totale di 168.500.000 cittadini: circa il 6,8% di perdite umane.

Tornando all’Afghanistan, sembra che Putin abbia preso in prestito l’idea di Stalin e con una mossa imprevista abbia invitato i leader talebani a Mosca. Un caso davvero strano, perché i Talebani, così come Al-Qaeda e altri gruppi sono banditi sul territorio russo in quanto terroristi. All’incontro la parte russa era rappresentata da Zamir Kabulov, un diplomatico di carriera d’alto rango e inviato presidenziale russo in Afghanistan, mentre la rappresentanza dei talebani era guidata dal leader Mawlawi Shahabuddin Delawar. Sembra che durante il summit, le parti abbiano firmato un patto di non aggressione e che poi abbiano dichiarato di controllare l’85% del territorio afgano, lanciando anche una moratoria temporanea dei loro attacchi contro le città.

Secondo il patto i talebani non saliranno in Asia centrale e la Russia non scenderà in Afghanistan, inoltre la Russia potrebbe aver promesso di difendere i talebani da eventuali offensive turche. Da parte loro i talebani si sarebbero impegnati a ostacolare l’espansionismo di Ankara in Asia centrale, cosa che è sia nell’interesse loro che della Russia. Se il patto è quello che viene ipotizzato, giacché ben poco è trapelato, la Russia potrà stare tranquilla sul fronte dell’Asia centrale, concentrandosi sulle costanti minacce USA-NATO nel Mar Baltico e nel Mar Nero. Ma un’altra potenza, la Cina trarrebbe beneficio dalla stabilità in Asia centrale e potrebbe concentrarsi sulle provocazioni militari USA nel Mar Cinese Meridionale.

Nei colloqui di Mosca oltre al Patto di non Aggressione, la Russia aveva molto di più da offrire, ad esempio gli investimenti economici cinesi in Afghanistan. Grazie all’asse privilegiato Mosca-Pechino, si aiuterebbero gli afgani a ricostruire il loro paese devastato da decenni di guerre. Un altro alleato di peso di Russia e Cina è l’Iran, paese sciita che con la Russia ha interessi comuni, compreso il contenimento dell’espansionismo sunnita della Turchia. Ecco quindi che se i talebani violassero il Patto, si metterebbero contro non solo la Russia ma anche con l’Iran e vedrebbero sfumare i futuri investimenti cinesi in Afghanistan. La conclusione è che purtroppo, nessun paese sfugge alla globalizzazione, quindi è obbligatorio scegliere in quale campo stare: quello USA-Occidente o quello che fa capo a Cina e Russia?

Ovviamente i talebani che sarebbero chierici o catechisti islamici non possono guardare a Washington, quindi in assenza di alternative dovranno schierarsi con l’asse di Mosca-Pechino e i loro alleati, sicuri che grazie alla visione multipolare di Putin e Xi Jinping, nessuno s’intrometterà nelle loro politiche interne. Un patto come quello che si è concluso a Mosca, è stato l’ennesimo capolavoro strategico del presidente russo Putin, che ispirandosi al georgiano Stalin ha rovinato le speranze imperialistiche degli Stati Uniti.

Col. Luciano Bonazzi

 

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Pubblicato da Luciano Bonazzi

Sono il Col. Luciano Bonazzi, mi occupo di varie tematiche scientifiche, tecnologiche e di cronaca. Ho scritto su vari blog, piattaforme e Magazine. / I'm Col. Luciano Bonazzi, I deal with various scientific, technological and news issues. I write on various blogs, platforms and magazines.

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