La Cina sollecita la fine delle violenze a Hong Kong

Brasilia: L’Agenzia Nuova Cina (Xinhua), riferisce che giovedì scorso, il presidente cinese Xi Jinping, ha chiesto che si ponga fine alla violenza e al caos nella Regione ad Amministrazione Speciale di Hong Kong.

Il leader cinese, ha sottolineato che ora il ritorno alla normalità è la principale emergenza e che la città che deve essere protetta con azioni più severe per fermare i criminali violenti. Il presidente Xi ha commentato la situazione di Hong Kong dal Brasile, dove partecipava al vertice BRICS, il sodalizio di cooperazione economica che riunisce Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica. Il presidente ha scelto una cornice internazionale, per confermare la determinazione di proteggere la sovranità e sicurezza nazionale della Cina, lanciando un’ultimatum riguardo alle ingerenze straniere e ai violenti agitatori assoldati da costoro.

Il clima di continua violenza alla quale è sottoposta Hong Kong calpesta gravemente lo stato di diritto, l’incolumità dei cittadini e l’ordine sociale. L’uso della violenza da parte dei manifestanti, ha sottolineato Xi, mette seriamente in discussione il principio “un paese, due sistemi”. Per la Cina è prioritario che a Hong Kong si ponga fine alla violenza e venga ripristinato l’ordine: “Continueremo a sostenere fermamente il Capo Esecutivo Carrie Lam, nel guidare il governo della Regione amministrativa speciale di Hong Kong a governare in conformità con la legge, a sostenere fermamente la polizia di Hong Kong nel far rispettare rigorosamente la legge e a sostenere fermamente gli organi giudiziari di Hong Kong nel punire severamente il criminali violenti secondo la legge” ha detto Xi.

Questo è il secondo avvertimento, dopo che il 4 novembre scorso, Xi Jinping, incontrando la signora Lam, le aveva espresso il suo “alto grado di fiducia” sia nei suoi confronti suoi che nel suo team di governo, chiedendole di fare “sforzi incessanti per fermare e punire le attività violente”. Ciò che è cambiato nella nuova dichiarazione di XI, riguarda la formulazione delle priorità, in particolare quando il presidente, parlando della situazione a Hong Kong, ha alluso esplicitamente al principio “una Cina due sistemi” in relazione alla necessità di fermare la violenza e il caos, come a uno status quo che potrebbe essere messo in discussione.

Durante la scorsa settimana, a Hong Kong si sono intensificate violenze e vandalismi. Gli agitatori esterofili hanno spadroneggiato nella città, picchiando e addirittura dando fuoco a chi esprimeva opinioni diverse dalle loro. I violenti facinorosi hanno occupato le strade, danneggiato strutture pubbliche e aziende, bruciato l’università. Il presidente ha avuto parole di sostegno verso gli agenti di polizia, aggrediti e sottoposti a turni massacranti e alle loro famiglie si sono trovate esposte alle violenze.

La reazione della società civile

Il messaggio di Xi ha restituito speranza a quell’ampia società civile di Hong Kong che spera nel ritorno alla normalità. Il giovane Angus Ng Hok Ming, presidente dell’Associazione dei giovani di Hong Kong e Macao (HKUYA) e sostenitore del principio “un paese, due sistemi”, ha detto: “Alcune forze anti-governative e separatiste riconsidereranno anche il loro comportamento o addirittura freneranno le loro attività radicali poiché questo sembra un avvertimento finale“. Li Xiaobing dell’Università di Nankai a Tianjin ha detto al Global Times: “Qualunque sia la trama politica delle forze straniere che vogliono seminare il caos a Hong Kong è destinata a fallire”. Commentando il secondo avvertimento del presidente Xi Jinping, l’avv. Kennedy Wong Ying-ho della Corte suprema di Hong Kong ha dichiarato che ciò potrebbe essere letto come una “chiara richiesta di porre fine ai disordini per almeno cinque mesi in città”.

L’ennesima prova delle palesi interferenze degli Stati Uniti negli affari interni della Cina a Hong Kong, è fornita dal senatore americano Mitch McConnell che ha proposto una legge che autorizza Washington a perseguire e punire coloro che hanno “violato i diritti umani” a Hong Kong: cioè magistrati e polizia?

Questa legge stravagante, equivarrebbe a una legge analoga promulgata da Pechino, contro gli agenti e i magistrati statunitensi che intervenissero nelle frequenti manifestazioni violente che hanno luogo negli USA. Praticamente Washington si auto-assegna il potere giudiziario di agire nei confronti degli organi giudiziari e della polizia di uno stato sovrano estero.

A questa legge ridicola, che non fa ridere, ora manca solo la firma del presidente degli Stati Uniti Donald Trump.

Luciano Bonazzi

Fonti: globalsecurity.org e tutti i link esterni inseriti nel testo.

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Pubblicato da Luciano Bonazzi

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