Il giornalista investigativo Mark Davis ha le prove che Julian Assange non è perseguibile legalmente

Assange nel “bunker” del Guardian al fianco di Nick Davies [Credit: Journeyman Pictures, “Inside WikiLeaks”]

Mercoledì 21 agosto, per l’ennesima volta, è andato in onda Il quinto potere, film del 2013 incentrato sul rapporto tra Julian Assange, fondatore di WikiLeaks, e il suo portavoce Daniel Domscheit-Berg. La pellicola è basa sui due libri: “Inside WikiLeaks. La mia esperienza al fianco di Julian Assange nel sito più pericoloso del mondo” scritto da Daniel stesso.

Il ritratto di Assange che trapela dal film, è quello di un cinico giornalista asociale malato di protagonismo, pronto a sacrificare le sue fonti, pur di far colpo nel mondo dell’informazione. La visione del film ci ha riportate alla memoria le recenti dichiarazioni rilasciate l’8 agosto 2019 dal giornalista Mark Davis. Quanto dichiarato da Davis riabilita notevolmente l’immagine del fondatore di WikiLeaks, le cui dichiarazioni sono disponibili grazie alla rete Global Research e al giornalista Oscar Grenfell.

Sydney: Durante l’evento “Politics in the Pub” di giovedì 8 agosto 2019, il pluripremiato giornalista australiano Mark Davis, ha fornito nuove informazioni di prima mano, sul tradimento di Julian Assange. Sì, perché di tradimento, il giornalista ha accusato Guardian e New York Times, per il loro coinvolgimento in una strategia occidentalista mirata a infangare il fondatore di WikiLeaks.

Davis ha aperto la relazione descrivendo la sua esperienza al fianco di Julian Assange, a partire dalla prima metà del 2010, con una serie di programmi andati in onda sulla SBS, una rete multimedia finanziata all’80% dal governo australiano. Nel suo intervento il giornalista ha specificato che era presente quando WikiLeaks lavorava a stretto contatto con i partner-media del Guardian e del New York Times, coinvolti nella pubblicazione del dossier sui crimini di guerra USA. Quella documentazione era stata fornita ad Assange, dalla militare statunitense Chelsea Manning. I registri contenevano 90.000 rapporti su operazioni dell’esercito USA, che tra il 2004 e il 2009 avevano causato la morte di almeno 200 civili ad opera di militari statunitensi e loro alleati.

Oltre ai crimini di guerra segretati, i rapporti rivelavano l’esistenza di una “Black Unit” segreta dell’esercito americano, istituita per eseguire omicidi illegali.

Nella sua esposizione, Davis ha condannato le affermazioni dei giornalisti del Guardian, secondo cui Assange era insensibile alla sorte degli informatori che potevano essere danneggiati dalla pubblicazione dei documenti. Ha totalmente contraddetto David Leigh e Nick Davies, i giornalisti senior che lavorarono a stretto contatto con Assange, quando affermano che il fondatore di WikiLeaks era indifferente alle conseguenze della pubblicazione dei registri.

Leigh e Davies, con le loro dichiarazioni hanno avuto un ruolo chiave nella strategia del mainstream per infangare Assange di concerto col governo degli Stati Uniti. Molti giornali occidentalisti hanno ripetutamente accusato Julian Assange di aver “aiutato il nemico” con le sue rivelazioni. In realtà, stando ai dati e alle dichiarazioni dei militari statunitensi e australiani, la pubblicazione del rapporto sui crimini di guerra, non ha danneggiato alcun militare occidentale.

Davis ha proseguito raccontando la sua esperienza nella “Redazione-Bunker” del Guardian predisposta per garantire l’incolumità di Assange durante la pubblicazione della documentazione: “Nick Davies ha affermato ricorrentemente e ripetitivamente che Julian aveva un atteggiamento sprezzante nei confronti della vita: è una bugia! Se c’era un atteggiamento sprezzante, era quello dei giornalisti del Guardian, che avevano disprezzo per l’impatto di questo materiale”. I giornalisti del Guardian, ha aggiunto Davis, usavano un “umorismo patibolare: Julian Assange no!”.

Il giornalista ha poi spiegato come, nonostante le loro vaste risorse tecniche, il Guardian e il New York Times avessero sollecitato Assange di consegnare i registri contenenti i nomi degli informatori che gli avevano procurato i documenti. Prima della pubblicazione dei registri, Assange fu quindi costretto a lavorare tutta la notte: “Julian voleva togliere i nomi, aveva chiesto che i la pubblicazione fosse ritardata, ma la sua richiesta venne respinta dal Guardian, così Julian ha provveduto da solo a ripulire i documenti: Julian ha rimosso 10.000 nomi”.

Durante la conferenza, dati alla mano, Mark Davis ha confutato i tentativi del Guardian e del Times di minimizzare il loro ruolo nella fuga di notizie. Ha affermato che il rapporto tra i giornalisti e Assange non era quello che dovrebbe esserci tra i giornalisti e la loro fonte. In realtà, il Guardian aveva assegnato a una divisione tecnica di riassumere il contenuto dei registri in un formato pubblicabile, indicando però il sito di WikiLeaks per ricerche più dettagliate.

Davis ha spiegato che il Guardian e il New York Times avevano impiegato quel “sotterfugio” per proteggersi da eventuali ritorsioni legate alla pubblicazione. Nonostante il contenuto esplosivo dei documenti, entrambi avevano insistito sul fatto che WikiLeaks li pubblicasse nel sito, poco prima dell’uscita dei due giornali. Con questa strategia le due testate poterono affermare di non essere i responsabili della fuga di notizie, ma che semplicemente riportavano quanto era scritto sul sito di WikiLeaks. Con questo comportamento, i giornalisti andarono contro la deontologia professionale, cioè non protessero la loro fonte, in sintesi, ha aggiunto Davis: “Julian ora è in prigione a causa di quel sotterfugio.”


La rivelazione bomba di Davis

Il giornalista ha poi rilasciato una dichiarazione che ha sconvolto i partecipanti all’evento “Politics in the Pub” e che può far saltare la strategia del Guardian e del Times. Il giorno della pubblicazione, a causa di un non meglio identificato guasto tecnico al sito WikiLeaks, i registri USA non vennero pubblicati, dunque i due giornali pubblicarono gli articoli programmati, ma lo fecero mentre il sito era guasto: fuori uso!

Secondo la cronologia, i registri in possesso di Assange vennero pubblicati due giorni dopo gli articoli sui giornali, cioè quando WikiLeaks poté finalmente inserirli. “WikiLeaks non ha pubblicato per due giorni”, ha detto Davis. “Il Guardian il Times hanno dunque dichiarato il falso”. Quanto rivelato da Davis, potenzialmente ha implicazioni legali, in quanto le accuse di spionaggio, alla base della richiesta di estradizione da parte dell’amministrazione Trump, si poggiano sul reato di pubblicazione illecita dei registri di guerra.
La cronologia di Davis, indica che il Guardian e il New York Times sono legalmente gli editori iniziali e primari del materiale. Dunque, i presunti reati per i quali gli Stati Uniti vorrebbero perseguire Assange, riguarderebbero invece i due giornali. In conclusione e senza mezzi termini Davis ha affermato: “Se Julian è in prigione, dovrebbero esserci anche loro”.

Luciano Bonazzi

Fonti: globalresearch.ca – oltre ai link esterni inseriti

Altri articoli sull’argomento: #WikiLeaks La condanna globale all’arresto di Assange#Wikileaks ONU: Torturato in carcere Julian Assange

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Pubblicato da Luciano Bonazzi

Sono il Col. Luciano Bonazzi, mi occupo di varie tematiche scientifiche, tecnologiche e di cronaca. Ho scritto su vari blog, piattaforme e Magazine. / I'm Col. Luciano Bonazzi, I deal with various scientific, technological and news issues. I write on various blogs, platforms and magazines.

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