L’America oscura del presidente Obama


Troppo a lungo siamo stati abituati al culto di una America buona contrapposta a un mondo pieno di malvagi dittatori.

Come tanti che si occupano di geopolitica, circa un decennio fa avemmo contezza che gli USA non sono così buoni come appaiono e che il mondo non è poi così pieno di malvagità. Analizzeremo gli ultimi 9 anni di Politica Internazionale Statunitense, partendo dal 2009, cioè dall’insediamento di Barack Hussein Obama alla Casa Bianca. Pur essendo, come italiani, scevri da qualsiasi coinvolgimento nella tratta degli schiavi neri, all’epoca accogliemmo con favore l’insediamento del primo presidente afroamericano, ci parve una conquista per i pronipoti dei tanti poveretti che patirono sotto il giogo degli schiavisti. In breve tempo, Barack Obama raggiunse una grande popolarità globale e divenne un’icona pop, un po’ come Marilyn Monroe, Elvis Presley, John Kennedy, uno dei tanti fenomeni di questo tipo che oltreoceano riescono periodicamente a sfornare.

Quello che allora non riuscivamo a vedere, era il fatto che questo presidente, come quasi tutti i suoi predecessori, era totalmente assoggettato al deep state, cioè quel secondo stato che realmente governa, celandosi dietro ai leader americani e che utilizza la democrazia per adempiere a interessi ben distanti da quelli della popolazione. Un presidente USA, deve rispondere ai suoi finanziatori e ai lobbisti, con decisioni utili all’alta finanza globale e ai suoi interessi non sempre trasparenti, tra queste, fondamentale è l’economia bellica, voce principale dell’economia Statunitense.

Una particolare abilità che si deve riconoscere all’economia bellica USA, è quella di saper usare lo strumento delle destabilizzazioni, dei False Flag e della narrazione mediatica. Tanto per fare qualche esempio, le armi di distruzione di massa del fu presidente iracheno Saddam Hussein, inesistenti ma utilizzate per giustificare l’attacco a un paese, che aveva deciso di scambiare il petrolio utilizzando l’euro invece del dollaro. L’amministrazione Obama, è coinvolta in tutti i conflitti che ancora oggi insanguinano Ucraina, Medio Oriente e Bacino Mediterraneo: Niente male per un premio Nobel per la Pace!

Le cosiddette “Primavere Arabe” e sollevazioni quali “Euromaidan”, sono state attuate grazie a una sofisticata strategia geopolitica. Dal 2010 in poi, una serie di proteste organizzate da agitatori prezzolati, riuscì a trascinarsi dietro i ceti più poveri, dando alle contestazioni la connotazione di moto popolare contro il cattivo di turno, demonizzato nel contempo dalla propaganda mediatica. Abbiamo così assistito a proteste in Egitto, Libia, Siria, Tunisia e Yemen che sconvolsero paesi sostanzialmente stabili. L’escalation euro-asiatica di violenze e rivolte, ebbe un parziale rallentamento nel 2012, quando l’ONU, nel tentativo di depotenziare quelle crisi, coinvolse la Russia quale contrappeso nello scacchiere Mediorientale. Fu a quel punto che apparve un nuovo attore politico, Abū Bakr al-Baghdādī, califfo dello Stato Islamico che conquistò parti di Siria e Iraq, dilagando poi in Afghanistan, Libia, Nigeria, Yemen, Filippine, Indonesia, Turchia e infine in Russia: In breve la televisione e i giornali furono zeppe d’immagini aberranti!

Quanti di noi non si sforzarono a guardare oltre quelle violenze, cominciarono a ricordare che al-Baghdādī, come del resto al-Nusra, erano state pedine Statunitensi, addestrate e finanziate dal Pentagono, tramite il senatore John McCaine, in chiave anti-Assad in Siria. Il periodo di dominio del terrore del Califfato, sembrava a un certo punto irreversibile, fino all’intervento russo dell’ottobre 2015. Nella base militare russa di Latakia, in Siria s’intensificarono improvvisamente le attività militari, poi Mosca annunciò d’essersi accordata con Siria, Iran e Iraq relativamente al problema “Califfto Islamico”.

La Russia di Vladimir Putin entra nel conflitto siriano

Nel 2015, il presidente russo Vladimir Putin [VIDEO], incaricò il ministro degli esteri Sergej Lavrov, considerato il più importante diplomatico del XXI secolo, di modificare la posizione attendista dell’occidente nei confronti dell’ISIS, coinvolgendo il presidente Assad nel processo di pace. Grazie alle argomentazioni di Lavrov, le Nazioni Unite incaricano la Russia di agire contro il Califfato Islamico e riportare la pace nell’area martoriata. Dopo una serie di operazioni congiunte russo-siriane, in sei mesi il Califfato incassò una serie di sconfitte, entrò in agonia e perdette il controllo di gran parte del territorio occupato. Situazione analoga si verificò in Iraq, dove l’intervento dell’Esercito iraniano al fianco di quello iracheno fu determinante per sconfiggere l’ISIS. Un ruolo importante, in chiave di resistenza contro l’invasione del Califfo, lo giocò anche il popolo curdo: ma gli Stati Uniti e più estesamente la Nato?

Ebbene, una sana competizione in chiave anti ISIS vi è effettivamente stata, soprattutto armando i curdi, ma si segnalano anche alcune anomalie, come l’approvvigionamento di sistemi lanciarazzi TOW finiti in mano ad al-Nusra e utilizzati per abbattere elicotteri russi, e strani episodi di fuoco amico contro i militari russi e l’esercito regolare siriano. Altresì si susseguono tuttora segnalazioni di disertori jihiadisti assorbiti dalle FSA, la Freedom Syrian Army creata da Stati Uniti, Turchia e Sauditi. Analizzando questi dati, guardando in faccia alla cruda realtà, gli Stati Uniti, nati il 4 luglio 1776, sono in guerra da 233 anni su 242 di esistenza, valutando le coincidenze, il ritratto che ne esce non è dei migliori.

La probabile “Causa Bellis”

Tutti noi amiamo il volto buono degli USA, quello che ci piace, il più appariscente e affascinante, ma in pochi riescono a scorgere l’oscura realta di una nazione che vive e prospera sulle guerre. I comuni detrattori, sostengono che gli USA fanno le guerre per le risorse, sicuramente questo è stato vero finora. Da parte nostra valutiamo la possibilità che le destabilizzazioni di questi anni siano riconducibili alla volontà USA di ostacolare “La Nuova Via della Seta” Cinese.

La Cina attualmente insidia il dominio economico mondiale agli Stati Uniti infastidendoli non poco, lo testimoniano i continui incidenti nel passaggio marittimo presso l’Arcipelago Spratly e il trasferimento dell’ISIS tra Filippine, Indonesia e Malesia: ma di questo parleremo prossimamente.

Luciano Bonazzi

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Pubblicato da Luciano Bonazzi

Sono il Col. Luciano Bonazzi, mi occupo di varie tematiche scientifiche, tecnologiche e di cronaca. Ho scritto su vari blog, piattaforme e Magazine. / I'm Col. Luciano Bonazzi, I deal with various scientific, technological and news issues. I write on various blogs, platforms and magazines.

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